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Alessandro Rizzo writes: >E' veramente paradossale che, se da un lato il Comune e la Giunta hanno >deciso di vendere immobili pubblici per poter costituire un fondo per >bisogni sociali, che ancora non ho capito quali siano quelli individuati >come prioritari dalla stessa amministrazione, dall'altra alcune >associazioni non lucrative, impegnate in campo culturale, sociale, >assistenziale, di promozione dei diritti di integrazione, si trovino a >dover forse fare i bagagli perchè le proprie sedi dove sono ospitate >tutt'oggi potrebbero non essere confermate nei contratti di locazione. >Spesso le associazioni si trovano a dover accettare contratti di >entità >anche cospicua, ma in stabili fatiscenti, spesso popolari, in estrema >periferia, difficili da raggiungere, con l'onere di provvedere a riportare >il locale a uno stato decente a livello estetico e strutturale. Le >condizioni vengono assolutamente accolte, in quanto la ricerca di spazi per >promuovere attività sociale continuativa è uno dei problemi >maggiori per una realtà collettiva al momento della sua costituzione: >non avere un luogo fisico dove porre tutti i documenti amministrativi, dove >riunirsi, dove redarre giornalini o amministrare i siti, dove potersi >confrontare, dove poter contare su un luogo visibile, spesso le stesse >associazioni si trovano in scantinati che non accedono direttamente alla >strada, diventa un ostacolo di non indifferente portata per il prosieguo >delle attività. >Siamo in tempi in cui gli scandali a livello demaniale sugli affitti bassi >e sui contratti di locazione a canone illegale coinvolgono la logica delle >concessioni di immobili a terzi effettuata da alcuni anni a questa parte: >oltre a questo si aggiunge il fatto per cui cercare una sede sociale >diventa azione impervia a Milano e molte associazioni, anche storiche, >rischiano di essere messe sulla strada senza neppure individuare una strada >risolutiva utile a garantire pari opportunità di accesso a un diritto >che io considero assolutamente fondamentale. Esistono facili concessioni ad >ampliamenti di strutture inerenti a esercizi commerciali, a canoni spesso >non conosciuti inerenti all'accordo di contratto e di convenzione, firmata >tra il Comune e le società stesse, spesso riguardanti ristoranti che >progressivamente aumentano i propri spazi prospicenti per mettere altri >tavolini e altre sedie in luoghi che dovrebbero essere considerati pubblici >e di passaggio. Ma le >associazioni non a scopo lucrativo vengono penalizzate. Questo elemento si >aggiunge a un altro problema che riguarda l'attività sociale a Milano >e la sua vita democratica, partecipata: parlo dell'assenza di spazi liberi >di comunicazione e informazione che attanaglia diverse realtà >collettive non commerciali, spesso soggette a violazioni del regolamento >per le affissioni in quanto sono carenti bacheche informative e aree >interattive, mi viene telenews metro, ossia la televisione in metrò, >tempestata da messaggi pubblicitari, dove poter annunciare la propria voce, >il proprio pensiero, rendere pubblica la propria attività, il proprio >messaggio, il proprio supporto contenutistico, le campagne e quant'altro >alla cittadinanza. >Viene penalizzato in questo panorama coloro che si muovono per interessi >generali, spinti da esigenze politiche e sociali, culturali, fuori dal >coro, magari senza alcun scopo economico, ma assolutamente promotori di >iniziative utili a rendere aggregabile un tessuto collettivo. In periferia >ci si lamenta dell'assenza di punti di aggregazione culturale, civile, >sociale, politica: ed è vero, ma è questa la ricetta voluta >dall'amministrazione? I Consigli di Zona possono sì diventare >promotori di scelte che possano dare risposte a queste esigenze, magari >programmando con le realtà territoriali assoicazionistiche, comitati, >movimenti, luoghi da occupare liberamente, autogestire, mi vengono in mente >spazi polifunzionali, con compagnie teatrali o artistiche, >cinematografiche, affinchè si dia vita a modelli quali open space, >gallerie aperte e partecipate, dove potersi contaminare e trovare in >momenti di condivisione di esperienze e di crescita collettiva. Londra, >Berlino, Parigi trovano alta presenza di questi presidi di aggregazione e >di promozione sociale e culturale: Milano ne è carente. Hai i soldi? >Bene potrai pensare di avere spazi enormi in luoghi raggiungibili e >centrali. Non hai i soldi? Sarai penalizzato, e la tua attività non >potrà avere la certezza di una continuità in futuro, scomparendo >ogni possibilità di punto di riferimento fisico per poter accogliere >chi con te voglia proseguire in un percorso sociale e collettivo, >aumentando la capacità del tuo messaggio di farsi voce nella >comunità, collettività. >Occorre invertire l'ordine di tendenza che penso sia alquanto >intollerabile, se Milano vuole diventare città europea, della >tolleranza, del pluralismo, della crescita dei saperi e dell'accesso a >forme culturali e proposte civiche. >Occorre scrivere piattaforme civiche partecipate dove l'esigenza di luoghi >e spazi possano essere corrisposti con adeguate soluzioni, invitando le >associazioni affermate e radicate sui territori, ma anche quelle di neonata >costituzione e fondate su scopi che sono assolutamente inquadrabili come di >interesse generale, la diffusione delle arti, dell'espressione artistica >giovanile, per esempio, avendo come punti di riferimento i consigli di zona >che potrebbero benissimo divenire "casa civiche", dove rivolgersi >per poter insieme individuare un percorso possibile e sostenibile che >arricchisca e promuova il territorio all'insegna dell'aggregazione civile e >sociale. >Alessandro Rizzo >Capogruppo Lista Uniti con Dario Fo per Milano >Consiglio di Zona 4 Milano