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Alessandro Rizzo writes: >RINASCI LOMBARDIA > >CAMBIARE IL VENTO IN REGIONE PER UN PROGETTO ALTERNATIVO DI SOCIETA' > > >Portare il vento del cambiamento in Lombardia per ridare fiducia, speranza >e voglia di riscatto di una Regione gestita da 10 anni di affarismo >aziendalista e di logica corporativistica e consociativa, soffocante >l'incentivazione delle risorse sociali, economiche e culturali verso una >democrazia compiuta, è possibile se si parte da un'idea di progetto >alternativo, altro e alto a livello etico e civile e se si considera >centrale l'esigenza di rendere possibile la partecipazione di tutte e di >tutti i soggetti politici e sociali alla realizzazione di un programma. >Alla realizzazione del programma del cambiamento. Per questo invito tutte e >tutti le cittadine e i cittadini che leggeranno la presentazione al >presente forum di dare un contributo forte e reale alla >realizzazione di un luogo di confronto attivo, dinamico, dove le >esperienze, le riflessioni e i consigli possano arricchire il progetto >politico del cambiamento, dell'alternativa per un'altra Lombardia possibile >in quanto necessaria. Mi presento alle prossime elezioni regionali del 3/4 >aprile nella lista del Partito dei Comunisti Italiani, che sostiene >Riccardo Sarfatti alla Presidenza della Regione: questa scelta è stata >ponderata con l'analisi dell'opportunità di portare avanti un >programma di rinnovamento e di alternativa civile e politica di alto >contenuto sociale. La speranza del cambiamento non deve tramontare e non >è tramontata in Lombardia: nella regione guidata dalla fallimentare >gestione amministrativa pubblica che ha dilapidato il bilancio pubblico, >che ha visto i rapporti internazionali in funzione di un tornaconto >economico imprenditoriale, che ha considerato il >patrimonio pubblico come espressione di una ricchezza personale o ristretta >di gruppo, appartenente a una corporazione, la voglia di voltare pagina >defintivamente è immensa e con questa volontà mi propongo per >dare a essa contenuto e forma, che si indirizzi verso la realizzazione di >un modello di sviluppo diverso e antitetico. Ma non voglio parlare contro a >qualcosa di già predefinito: voglio parlare a favore di una proposta >possibile e realizzabile di governo amministrativo e politico di una >realtà, quale quella lombarda, ricca di risorse, di opportunità e >punto nodale culturale e sociale di rilevante pregio a livello non solo >nazionale, ma europeo e mondiale. In Lombardia convogliano grandi ricchezze >patrimoniali e umane, e queste grandi ricchezze non devono essere >sperperate ma, bensì, devono essere oggetto di incentivazione sociale >e di una giusta ed equa redistribuzione, per un'eguaglianza >sostanziale delle cittadine e dei cittadini, per l'inclusione culturale e >il confronto interetnico e interreligioso di stampo laico, per la >costituzione di una società molticulturale, dove la diversità >diventa ricchezza e diventa punto di inizio di un processo democratico >basato sulla partecipazione e sulla pari dingitià e pari >opportunità. Una Lombardia diversa parte da questi presupposti >valoriali, ma non con una concezione di stampo etico moralistico, >bensì, con un proponimento di carattere sociale e civico di >miglioramento della comunità e delle sue condizioni di vita: per >questo invito tutte e tutti le lettrici e i lettori a prendere parte a >questo confronto perchè considero che un programma e una proposta >debba essere fatta con il concorso di tutti, senza preclusioni alcune e >senza pregiudizi. Solo così è possibile cambiare il vento in >Lombardia e creare la società della partecipazione, come forma >primaria ed essenziale della politica attiva e propositiva. > >Una Regione promotrice di pace e di solidarietà; > >La regione Lombardia può e deve cambiare il ruolo politico assunto a >livello internazionale da un livello di impostazione meramente commerciale >e di utilizzazione delle opportunità di sfruttamento delle risorse >naturali dei paesi in via di sviluppo per fini di arricchimento interno, il >famoso rapporto estero di cooperazione interessata che l'attuale giunta ha >intessuto con i Paesi dell'area mediorientale, a un rapporto di promozione >di cultura, confronto interetnico e internazionale, volto ad acquisire la >fattispecie di Regione per la pace, per la diplomazia e promotrice di >solidarietà e di eguaglianza tra i popoli, tra gli stati, tra i >cittadini del mondo. A questo proposito si inserisce con forte rilevanza la >risposta di marcata denuncia positiva e propositiva dell'Ente locale alla >grave violazione >governativa dell'Articolo 11 della nostra Costituzione Repubblicana, >secondo cui si statuisce nei rapporti interstatali il principio e il >concetto del primato della politica, della diplomazia, nella risoluzione >delle controversie, nel rispetto reciproco delle identità culturali, >sociali e religiose dei popoli considerati. La Regione Lombardia può >diventare, in riferimento alle esperienze di altre regioni italiane, come >ad esempio la Toscana e come l'Umbria, luogo di formazione alla pace e alla >diplomazia partecipata, al fine di rendere attuativo in territorio il >principio statuito dall'articolo 11 della Costituzione e al fine di >contrastare positivamente la logica colonialista della sopraffazione >militare da parte delle forze egemoni e imperanti dei popoli liberi e >deboli. In questo senso occorre quindi creare il cambiamento possibile e >necessario con forme istituzionali, amministrative e legislative regionali >che diano contenuto >a questo cambiamento e lo possano rendere attuativo e possibile. Pertanto, >su esempio di esperienze già attuate a livello nazionale, è >possibile destinare nelle finanziarie regionali un capitolo dedicato ai >cosidetti "bilanci di pace", ossia a quelle disposizioni >amministrative che finanziano esperienze di diplomazia di base, >partecipata, popolare che danno valore aggiunto alla risoluzione pacifica e >politica dei conflitti esistenti a livello internazionale, che prevengano, >infine, forme di radicalizzazione del conflitto, sfociante in una >contrapposizione armata e bellica, strumentalizzata da sempre dai poteri >economici, commerciali e istituzionali, che possono, così, ricavare >dalla scontro il controllo illegittimo delle risorse locali. Nel bilancio >grande spazio può essere indirizzato in loco alle seguenti voci di >spesa e di investimento politico: costituzione di spazi di confronto dove >la logica >della pace e della promozione della pace divengano portanti elementi >formativi delle coscienze civili; corsi di educazione a un consumo di pace, >costituito dalla coscienza ciritica della scelta nell'ambito della propria >spesa personale e quella collettiva e della razionalizzazione dell'utilizzo >dei prodotti, dal riciclaggio all'investimento sul valore d'uso dei >medesimi; forme di nuova partecipazione plurale e pubblica alla gestione >delle risorse amministrative ed economiche locali, con l'istituzione di >bilanci partecipati e sociali, indirizzati soprattutto all'inclusione >sociale, alla promozione del confronto, del dialogo, dell''interazione e >alla costituzione di un principio di sicurezza sociale come forma di >convivenza civile tra i cittadini e i nuovi cittadini immigrati, e >indirizzati a creare luoghi di educazione ai diritti umani e al >rispetto della diversità. La >scuola può determinare il gioco di un rilevante contributo in > funzione della creazione di rapporti di gemellaggio tra stati e paesi >e di condivisione di percorsi di interscambio culturale e politico sociale, >con risvolti di sostegno economico a iniziative congiunte e arricchenti a >livello di esperienza formativa e civica entrambe le realtà messe a >confronto. La Regione a livello istituzionale consiliare può votare >delibere e atti regionali che intendano recepire i principi di >solidarietà, pace, diplomazia ed eguaglianza tra i popoli come >elementi principi di una propria programmazione politica di intervento e di >linea guida generale e universale sul tema considerato, nonchè >l'intento di proporre, e attivarsi di conseguenza a renderla possibile in >tutte le forme e in tutti i contesti istituzionali, la costruzione di >un'Europa di pace, nonchè, infine, >la recezione dei valori espressi nell'articolo 11 della Costituzione, come >elemento principe del proprio Statuto, confermando la titolarità >primaria dello stato in tema di politiche internazionale. > >Una Regione per la cultura e luogo di comunicazione partecipata > >Il diritto alla comunicazione è uno dei diritti fondamentali di uno >stato democratico: dare voce al libero pensiero e all'espressione della >propria identità ideale e sociale del cittadino, di qualsiasi ambito >culturale, etnico, religioso ed economico. In Italia la comunicazione >massiva è lontana dalle esigenze reali della cittadinanza: presenta un >modello antitetico rispetto a quello esistente, inganna e monopolizza >omologando le coscienze, definisce e determina una standardizzazione di >valori che sono connaturabili con il consumismo, l'individualismo e >l'affarismo, decretando l'espulsione di qualsiasi concetto alternativo di >società e di libero ideale. >La Regione Lombardia può apportare un cambiamento incisivo in questo >settore. Il monopolio del controllo della comunicazione e dell'informazione >massiva è accentrato in un unico soggetto, che determina il controllo >del potere istituzionale e amministrativo e quello di direzione economica >dei maggiori canali di informazione massiva: un indecente conflitto >d'interessi, che deve essere combattuto ed eliso tramite un'adeguata >legislazione coerente. Ma in Regione qualcosa è possibile cambiare in >positivo, approvando leggi regionali e regolamenti che possano costituire >una reale possibilità alla comunità di essere coinvolta nel >processo partecipativo a livello comunicazionale >e informativo. Modelli europei che possano dare concreto esempio per >costruire questo modello esistono soprattutto negli stati dove si riscontra >un alto tasso di democrazia partecipativa, reale e sostanziale, come quelli >scandinavi, come l'Olanda o il Belgio, oppure, infine, come la Spagna, la >quale, da pochi anni, ha determinato una forte cooperazione tra enti >amministrativi pubblici locali e realtà organizzate a livello >associativo-movimentistico, garantendo la nascita di "televisioni >comunitarie" dove la partecipazione reale dal basso, dalla >comunità locale, a tutti i livelli, dal quartiere al municipio, dalla >provincia alla regione, diventa la caratteristica strutturante e portante >del progetto. Il principio è quello tipico del "media >attivismo" in cui si cresce in formazione civile e culturale coloro >che partecipano al progetto e dove si può creare un nuovo rapporto >di rappresentatività tra istituzioni locali e società civile. Gli >spazi così creati potrebbero avere una regolamentazione regionale che >concepisca come fondamentali i valori dell'autonomia, dell'autogestione >economica e direzionale coopartecipata tra comunità, soggetti politici >e sociali e istituzioni, della forte cooperazione pubblica, in cui l'Ente >locale, la Regione, sia il maggiore finanziatore, unico soggetto garante >del pluralismo e della non ingerenza nell'ambito decisionale dei contenuti >comunicazionali che vengono proposti. In questo senso sarebbe utile >istituire corsi di formazione alla "lettura dei media", che abbia >come parte fondamentale l'acquisizione, da parte della comunità e dei >soggetti civili coinvolti e interessati, delle parti costituenti >l'alfabetizzazione mediatica, con la corrispettiva conoscenza del >funzionamento delle nuove tecnologie informative, del carattere etico della >comunicazione, costituito dalla proposizione di valori di stampo pacifista, >sociale solidariastico e internazionalistico, al fine di costituire, >tramite la partecipazione, una reale crescita valoriale di carattere laico >dell'utente, che diventi, allo stesso momento, potenziale promotore >dell'informazione, soggetto attivo di informazione. Per raggiungere questa >finalità occorre investire in convenzioni con le scuole di ogni ordine >e grado per crescere culturalmente i futuri cittadini, fin dall'inizio, >nella lettura/utilizzazione/creazione degli spazi di comunicazione. E' >impotante che la televisione comunitaria regionale sia raccordo e >coordinamento tra le diverse televisioni comunitarie e che divenga stimolo >di contenuti differenti e di un luogo di un confronto attivo informativo >proponitore di temi sociali, civili e culturali di >alto livello e di stampo generale, investendo sugli elementi strutturali >dell'informazione locale e sulla comunicazione delle istanze collettive a >livello zonale, di quartiere, municipale: il concetto del network è >basilare e propedeutico al raggiungimento di questo fine. E' un sistema >interagente con spazi di contemporanea informativa e di messa in onda >concordata di elementi del palinsesto, arricchenti le espressioni dei >diversi livelli informativi. > >Una Regione della cultura antifascista come spirito identitario >collettivo. > >L'antifascismo è lo spirito unitario e identitario del nostro Paese e >dell'Europa futura politica, luogo di convivenza civile e di incontro >interculturale e solidale tra i popoli. Dall'antifascismo derivano i >principi e i valori fondanti della nostra cultura costituzionale >repubblicana, la quale è stata determinata dall'impegno di combattenti >per la libertà e per l'indipendenza del popolo italiano contro >l'occupazione omicida nazista e la repressione fascista genocida e >sanguinaria. Proprio per questo è importante che, in collegamento con >i principi fondanti la Costituzione Repubblicana, la Regione Lombardia >operi un cambiamento di impostazione delle priorità culturali di >promozione ideale e sociale dei principi forti che costituiscono la nostra >Repubblica e la sua connotazione antifascista, promotrice di pace e di >progresso. Il revisionismo dilagante incancrenisce la parte fondante di >questo patto intergenerazionale e questo lungo filo rosso che unisce le >coscienze civili, le quali >universalmente concepiscono come prioritari i valori e i principi culturali >antifascisti, in quanto presupposti di miglioramento delle condizioni umane >e come fautori di un cambiamento necessario perchè possibile. La >Regione Lombardia dichiari espressamente la condanna dura e forte agli >attentati che il revisionismo dilagante in sede governativa opera nei >settori istituzionali e sociali del Paese, nella logica unica di >destrutturare le conquiste di democrazia progressiva connaturate con la >Lotta di Resistenza e di Liberazione. L'ANPI e le associazioni Partigiane >italiane sono state oggetto di una negazione brutale e illegittima, da >parte dell'attuale maggioranza di destra, dei giusti finanziamenti che >potessero garantire lo svolgimento delle celebrazioni per il 60° >Anniversario della Liberazione, momento di memoria collettiva attualizzante >l'impegno antifascista, sia a livello istituzionale, sia >popolare: la Regione Lombardia deve, perchè sia possibile il >cambiamento verso una democrazia compiuta, reale e progressiva, riconoscere >i finanziamenti suddetti, supplendo alla grave omissione e negazione del >governo attuale e deve riconoscere forme di alta partecipazione con le >associazioni partigiane nella valutazione di una programmazione di eventi >pubblici e includenti sul tema dell'antifascismo e della memoria storica, >in coordinazione con i provveditorati e gli istituti di ricerca storica, >coinvolgendo le scuole di ogni ordine e grado per costituire la futura >coscienza civile e collettiva dei futuri cittadini della Repubblica >Italiana Antifascista. Obiettivo comune è quello di dare spazio alla >"memoria attiva", attualizzare il significato della Resistenza e >della guerra di Liberazione come base essenziale dell'identità storica >della nostra Regione, che >ha avuto un ruolo portante e fondamentale nella Lotta contro l'occupazione >nazifascista. La Regione Lombardia deve diventare sentinella contro ogni >deriva revisionista dilagante e imperante a livello nazionale istituzionale >e deve dichiarare tramite mozioni, ordini del giorno e dichiarazioni >consiliari la propria opposizione a ogni forma di revisione della storia e >della memoria, patrimonio democratico e civile unificante. La Regione deve >provvedere a promuovere canali di diffusione della cultura antifascista e >della memoria stessa, tramite mostre, eventi culturali, esposizioni >documentaristiche, dossier, documenti, libri di informazione e fomrazione, >tramite, anche, il finanziamento agli istituti storici di ricerca, alle >esperienze delle scuole di formazione civile e di crescita culturale delle >coscienze, aventi programmi specifici e sperimentali, come la scuola di >Rinascita, nata con un sistema educativo improntato sulla >partecipazione e sulla condivsione di un percorso formativo critico e >positivo. > >Una Regione per un lavoro dignitoso e per una democrazia dei lavoratori. > >La crisi della produzione è all'ordine del giorno e il governo non >gestisce le risorse economiche garantendo giusti interventi economici che >possano promuovere una formazione permanente e di contenuto qualificante >per il lavoratore. Premetto questo in quanto considero questo dato come >correlato pericoloso e aggravante della precarietà ormai >contrattualizzata e legalizzata istituzionalmente, grazie a un intervento >legislativo, quale quello della disumana e ignobile legge 30, che rende non >solo incerto il futuro del lavoratore autonomo, ma determina un vero e >proprio sconvolgimento del principio del "favor debolis", ossia >del principio giuslavoristico secondo cui la normativa contrattuale e >quella quadro a livello nazionale devono favorire nella >contrattazione, fase di regolamentazione dei diritti e degli obblighi >reciproci, tra dipendente e datore di lavoro il lavoratore medesimo, in >quanto si presume essere la parte più debole nel rapporto e, quindi, >più ricattabile. Questo atto legislativo, che crea a livello nazionale >una devastante politica di annientamento delle condizioni giuridiche e >sociali del lavoratore, propone propri effetti anche a livello lombardo: >una ricerca dell'IRES CGIL della Lombardia conferma la presenza di un >aumento della precarietà sociale e lavorativa con forme di grave >esclusione e di forte incertezza per il proprio futuro delle condizioni >personali del lavoratore medesimo. Questo principio è di fatto >annientato con la nuova legislazione in quanto il sindacato non ha più >quella forza collettiva di aggregazione rappresentativa dei diritti dei >lavoratori, data la parcellizzazione ulteriore e ultronea dei >rapporti di lavoro che vengono configurati come "atipici". Lo >spezzettamento è, in secondo luogo, deteriorato dall'eliminazione >delle regole limitanti e controllanti la cessione di rami d'azienda e >d'attività produttive. La forza politica rivendicativa del sindacato >confederale è, in terzo luogo, elisa da una legislazione che immette >il sindacato in una funzione corporativa, ossia come mero sportello di >servizio nella funzione di collocamento della forza lavoro all'interno >dell'istituzione dei cosiddetti enti bilaterali privati, non più >pubblici. In ultimo la questione più grave che deriva dalla presente >legge è l'istituzionalizzazione di una forma classica di sfruttamento >neoschiavistico, ossia la legittimazione a instaurare forme di capolarato >legale, ossia di cessione in affitto di manodopera da un'azienda >prestatrice di servizi a un'azienda di stampo multinazionale o di altra >natura. Credo che >questi dati di fatto inducano a considerare il lavoratore autonomo come una >reale merce, un prodotto utilizzabile ai fini imprenditoriali di servizio >istantaneo, un macchinario da utilizzare per interessi di breve periodo e >da gettare alle ortiche nel momento in cui non vi è più >utilità riscontrata da parte dell'azienda, a livello di mero profitto >immediato. Proprio per questo come candidato al Consiglio Regionale >lombardo di un partito che si propone di rappresentare politicamente il >lavoro propongo di costruire una rappresentanza unitaria a livello >istituzionale delle istanze sociali dei lavoratori, di concerto con le >rivendicazioni sindacali, che devono rimanere nel proprio ruolo di >promotori delle politiche di rivendicazione salariale e del miglioramento >delle condizioni, oggi pessime, dei lavoratori autonomi, dei cosidetti >nuovi lavoratori, propagandati in modo indegno dall'attuale maggioranza >come "imprenditori di >se stessi", di fatto appartenenti alla categoria dei nuovi schiavi. >L'articolo 3 della nostra Costituzione è conseguente all'articolo 1 >che prevede il lavoratore come cittadino soggetto assoluto di diritti, il >quale, proprio perché concorrente alla determinazione del progresso >sociale e civile, è l'epicentro di una legislazione ordinamentale che >garantisca al medesimo dignità personale e l'attuazione e >l'applicazione di tutti quei diritti formali, che a esso vengono >riconosciuti sulla "carta". Proprio per questo dobbiamo >denunciare in atti legislativi e in dichiarazioni consiliari l'ignominiosa >legge 30 e creare una legislazione regionale che definisca un minimo e >possibile ampliamento e difesa delle tutele che sono state recepite dallo >Statuto dei Lavoratori, conquista storica di anni di lotte operaistiche del >movimento dei lavoratori condotto in Italia dalle forze progressiste e >democratiche. La Regione >può cambiare queste condizioni non solo promuovendo il dialogo e il >confronto sociale nell'ambito dei rinnovi contrattuali per i settori >esclusivi di competenza dell'Ente ma, anche, cercando di definire un'azione >legislativa regionale che abbia la finalità di non applicare la legge >30, nei limiti consentiti dall'ordinamento repubblicano, attuando una >trasformazione dei contratti atipici a tempo determinato, o a >collaborazione, o a progetto in contratti di lavoro a tempo indeterminato. >Occorre, infine, promuovere un forte investimento, tramite anche i >programmi europei di incentivazione e di finanziamento di corsi di >formazione professionale, di concerto con istituti di ricerca scientifica, >universitaria e di ricerca applicata, con gli istituti accademici, di cui >la Lombardia è fortemente ricca, nell'ambito della formazione >professionale qualificante e nell'ambito di programmi di avanzamento >scientifico nel >campo della ricerca: tutto questo ovvierebbe alla grave mancanza dei fondi >strutturali, dettati dall'assenza delle politiche governative in tema di >ricerca scientifica, e darebbe credito alla competività e >all'utilizzazione di questo settore come promotore di progresso sociale e >di crescita civile e culturale dei soggetti. La gestione patrimoniale >dell'entità dei finanziamenti europei deve essere altamente >trasparente e deve provvedere a classificare come prioritari i criteri >della qualità del corso e della modalità partecipata attuata dal >soggetto promotore nella fase di attivazione e di programmazione del >medesimo corso o del medesimo progetto di ricerca. > >Una Regione laica delle pari opportunità e dell'eguaglianza >sostanziale tra i cittadini. > >La Regione Lombardia può cambiare veramente se concepisce come >fondamentali una programmazione politica inerente ai principi e ai valori >portanti di un progetto laico, pluralista e aconfessionale in cui >l'eguaglianza di diritto tra cittadine e cittadini, a prescindere da ogni >condizione sociale, economica, ideologica, religiosa e dall'orientamento >sessuale, sia elemento fondante. La Lombardia è regione in cui si sono >creati negli ultimi anni luoghi forti di confronto tra soggetti e in cui >sono cresciute esigenze, istanze sociali e culturali e identità nuove >in base alla forte trasformazione culturale e collettiva in atto con >l'avvento del secolo post - moderno. E' proprio per questo che occorre dare >personalità giuridica alle nuove realtà e categorie civili e >sociali, >riconoscendone il patrimonio di diritti e di doveri. Nell'analisi della >modernità e dei cambiamenti strutturali della società occorre >ristabilire in modo determinato e fermo le conquiste di civiltà e >sociali che sono patrimonio del passato storico e che oggi possono >garantire lo sviluppo di una democrazia adattata ai tempi sociali in fieri >e in incessante divenire. La Regione Lombardia, regione di forti mutamenti >sociali strutturali, sia a livello economico, sia a livello lavorativo e >categoriale, sia a livello culturale, con il graduale processo di nuove >presenze attive sul territori, appartenenti a realtà geopolitiche >differenti, ma unite nelle stesse esigenze, negli stessi bisogni e nelle >stesse rivendicazioni di quei diritti tipici dei cosidetti invisibili, deve >saper dare delle risposte per accogliere democraticamente il cambiamento e >renderlo proponitore di contenuti di democrazia progressiva e partecipata >in senso reale. Le incertezze sociali derivano esattamente e sono causate >da questo incerto mutamento, superficialmente non comprensibile in una >descrizione storica fenomenica categorica, ma tipica di una >complessità globale di un mondo in profonda evoluzione: dare contenuto >al cambiamento cogliendo l'opportunità per considerare la laicità >come presupposto di una nuova società regionale che affronti con >spirito aperto le soluzioni ai nuovi disagi civili e sociali, senza un >approccio preconfezionato e prestabilito, come fino a oggi determinato e >proposto e come proposto a livello nazionale dall'attuale maggioranza, ma >secondo un approccio dialogante, critico e includente. Pertanto occorre >provvedere a rendere per legge istituzionali i registri per il >riconoscimento alle coppie di fatto, eterosessuali e omosessuali, gli >stessi diritti delle coppie di diritto, concependo un nuovo modo di >intendere il concetto comprensivo di "famiglia" e di "nucleo >familiare". E', quindi, importante che tali registri siano promotori >di un riconoscimento giuridico forte di diritti non solo di stampo >liberale, ma anche di stampo sociale, ossia il diritto agli assegni di >sostegno familiare, oggi previsti in alcune regioni a tutti i nuclei e non >solamente ai nuclei con prole, le agevolazioni per l'acquisto della casa, >la previdenza e i diritti e i doveri in tema di assistenza e malattia, >affinchè la coppia di fatto sia equiparata alla famiglia, gli aspetti >patrimoniali e non patrimoniali. La Regione Lombardia si faccia parte >diligente nel proporre un progetto di legge che inviti il Parlamento a >legiferare sulla tutela della coppie di fatto, discutendo di inserire la >tutela delle diverse forme familiari nel nuovo e prossime Statuto della >Regione Lombardia. > >Un concetto laico di libertà >Cercare di dare una nuova interpretazione in chiave laica delle >libertà che non siano viste come concessione giuridica a livello >amministrativo e statale, ma che siano viste come possibilità di >azioni positive limitate dal principio massimo di "rispetto delle >autonomie e della personalità dell'altro cittadino, rispetto >dell'interesse collettivo": quindi occorre a livello regionale >promuovere forme di sperimentazione di utilizzazione delle cosidette >"droghe leggere" a scopo terapeutico e scientifico medicale e >occorre rendere non attuativa, nelle forme e nei modi consentiti >dall'ordinamento costituzionale nell'ambito del rapporto gerarchico tra le >fonti di diritto interno, parti concernenti le gravi disposizioni di legge >repressive e illiberali inerenti il consumo delle droghe leggere. In terzo >luogo occorre garantire forme di obiezione amministrativa in fase >di attuazione dell'ingiusta e pericolosa legge sulla fecondazione >assistita. La laicità rappresenta il pluaralismo e il pluralismo >rappresenta una democrazia fondata sull'integrazione e il concorso di tutti >i soggetti all'amministrazione dell'interesse collettivo, senza >prefigurazioni ideologiche di stampo prestabilito e di carattere >pregiudiziale inspiegabile e frutto di un forte e irrazionale arbitrio >volontaristico di una fazione, quale essa sia, detenente il potere >maggioritario a livello istituzionale.