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Quando penso a Fratel Ettore mi viene in mente la sua macchina con la Madonna posta in mezzo ai fiori sul tetto. Le sue preghiere fatte con il megafono. Le sue mani gonfie di uno che lavora, la sua tonaca non proprio linda e perfetta di uno che stava davvero in mezzo agli ultimi. Uno che non aspettava che venissero a lui ma che li andava a cercare. La voce tonante e rude, le testimonianze delle persone alle quali lui ha teso la mano. La perdita di quest'uomo è una grande perdita per tutti ma soprattutto per il popolo degli ultimi . Kathrin Fratel Ettore: l'ultimo saluto (Fonte VITA) di Carmen Morrone 23/08/2004 Fratel Ettore, fondatore di numerosi rifugi per i poveri a Milano e in tutta Italia, ci ha lasciato venerdì sera a 76 anni dopo aver combattuto contro una grave forma di leucemia. Oggi i funerali. Sono venuti a salutarlo in tanti: persone comuni, autorità, curiosi. E anche chi ha avuto la fortuna di ricevere il suo aiuto. La basilica di sant'Ambrogio è stracolma di gente e molti assistono al funerale di Fratel Ettore in piedi o seduti per terra nel cortile della chiesa. Giovani, adulti anziani e i poveri, gli ultimi, gli esclusi. Nel quarto banco hanno preso posto alcuni uomini con quell'età indefinita che ti da la vita sulla strada. Non conoscono le parole della messa, i loro sguardi smarriti sul presente seguono pensieri, fissano il feretro ed è come se continuassero quel discorso lasciato a metà l'altra notte alla stazione Centrale di Milano. Sulla bara garofani rossi compongono una croce, come quella che Fratel Ettore portava cucita sul suo abito nero e sbatteva in faccia a quanti incontrava sul suo cammino per risvegliarne, con il suo noto vigore, coscienza e responsabilità. Lo conoscevi?, chiedo ad un omino tanto magro da far sembrare i suoi abiti appesi ad una gruccia.Si, è stato il mio salvatore , mi dice tra le lacrime. E sembra sincero anche in quel suo brandire il rosario di plastica bianca. Noto che quella semplice catena ce l'hanno in molti. E' il simbolo di Fratel Ettore, la donava a tutti, ne aveva sempre uno in tasca, mi dice un'anziana signora che piegata dall'artitre da due ore poggia sul suo bastone. Il rito è officiato dal cardinal Dionigi Tettamanzi e da Frank Monks generale dei cammilliani, ordine di cui faceva parte Fratel Ettore, che nel suo aplomb inglese è così credibile quando parla di santità. Ettore non aveva un carattere facile, perchè i santi non pensano a modo nostro, ha detto sono testardi, hanno una infinita fiducia nella provvidenza e si danno agli altri con assoluta generosità. Ed Ettore era uno che aveva sempre i piedi nella terra e le mani nella pasta. Dionigi Tettamanzi lo ha definito raro esempio di grande umiltà e di fede: Era uno che i poveri non solo li accoglieva ma li andava a cercare. Si è fatto ultimo fra gli ultimi. Fratel Ettore è stata una trasparenza luminosa e credibile dellinfinita paternità di Dio. La sua morte è motivo di riflessione seria e responsabile perché vada continuato ciò che ci ha lasciato in eredità. Su due banchi centrali sono sedute delle donne con la testa avvolta dal foulard. Oltre a questo particolare ormai desueto tra le cattoliche italiane, mi colpisce il loro aspetto straniero. Sono ucraine e sono arrivate due settimane fa per cercare lavoro, non hanno casa e hanno trovato rifugio al Cuore immacolato di Maria. Un semplice saluto, un gesto di riconoscenza, diversi i motivi per cui la gente si trova qui oggi, stipata in un caldo opprimente. La commozione sfocia in applausi quando il feretro è alzato a spalle e fende le ali di folla della navata centrale della basilica. Ma i poveri fanno di più. Fermi come sull'attenti, un silenzioso inchino accennato con il capo a mani giunte. E poi il segno della croce. Erano anche presenti rappresentanti del mondo del volontariato e tra le autorità il sindaco Gabriele Albertini, il vicesindaco Riccardo De Corato, il prefetto di Milano Bruno Ferrante. Le istituzioni hanno dichiarato di impegnarsi affinchè le attività dei centri di accoglienza continuino. In particolare il vicesindaco Riccardo De Corato ha annunciato che il nuovo centro di primo soccorso che sarà aperto nelle prossime settimane in via Sammartini, fortemente voluto da Fratel Ettore, porterà proprio il nome del religioso. Da un articolo del 1980 di p. Giannino Martignoni Ha deciso di partire dagli ultimi prima ancora che questa espressione fosse stata inventata o fosse entrata nelluso quotidiano. Lo chiamano "il camilliano dei barboni" il suo nome è Ettore Boschini, mantovano, ( ) fa parte della comunità milanese di via Boscovich. Gli "ultimi". Se cè a Milano una categoria di esseri umani bisognosi a cui nessuno prima di Ettore pensava è proprio quella che il gergo cittadino chiama quasi affettuosamente "barboni". Dire categoria è già attaccare unetichetta comune o definire un gruppo come se fosse uniforme. Nulla invece di più eterogeneo della massa di gente che da alcuni anni si accalca fuori e dentro i Rifugi ideati da fr. Ettore. Vagabondi di elezione o sbandati senza dimora, poveracci dalla nascita o falliti della vita per cause varie, uomini e donne, ragazzi, giovani, adulti, anziani; milanesi o immigrati da ogni parte dItalia; stranieri di razze varie, capitati a Milano più o meno clandestinamente; persone separate dal coniuge o dalla famiglia, o coppie irregolari; gente sfiduciata, gente disperata, gente alla ricerca di ogni mezzo per sopravvivere o che ha tentato la fuga nellalcool o nella droga. In comune, questa variegata popolazione aveva la miseria e la solitudine; aveva il bisogno elementare di un pezzo di pane, di un letto e un giaciglio per la notte, di cambiarsi gli indumenti e lavarsi dopo mesi che non lo poteva fare. Uomini e donne che non pretendevano altro che un aiuto materiale e, avendo perso ogni considerazione di se stessi, non si sognavano neppure che qualcuno potesse dare loro un po di attenzione e di calore umano. Fr. Ettore li ha racimolati qua e là, alcuni incontrandoli per caso lungo le strade della città, altri andandoli a scovare negli angoli o nelle sale daspetto della Stazione Centrale. A ciascuno diceva: "Amico, vieni con me a prendere qualcosa di caldo ". Parecchi di loro li aveva visti più volte al mattino spintonarsi in disordinata fila davanti alla porta della casa religiosa di Via Boscovich per ricevere un paio di panini e un frutto, o ripresentarsi al pomeriggio per vestiti e medicine. Più di una volta fr. Ettore sera prestato a questo servizio. Ma aveva constatato che ciò non era sufficiente. Bisognava fare in modo che questa gente potesse mangiare al coperto, e non sul marciapiede, e trovasse aiuto in tante altre necessità, importanti quanto elementari. Cominciò col recarsi ogni sera con un pentolone di minestra calda in Stazione Centrale col distribuire biglietti per lalloggio notturno al dormitorio pubblico di viale Ortles. Qui la notte di Natale del 77 aveva scoperto questa massa informe di gente abbandonata: portò il panettone e lo spumante e chiamò un prete per la Messa di mezzanotte. Poi ci tornò ogni sera con cibarie e rosari. Ma girando in città per il ministero dei malati a domicilio incontrava per la strada volti sempre nuovi, disorientati e affamati. Sulle panchine dei parchi o sugli scaloni della Stazione cera sempre qualche ubriaco sfinito o qualche vecchio piagato che non si muoveva da giorni. Allospedale non li accettavano, allospizio dei vecchi non ci volevano andare. "Amico, vieni con me ". Si diede da fare per trovare un hangar, una cascina o una casa abbandonata da requisire. Trovò solo sorrisi di sorpresa, di comprensione o di commiserazione. Alla fine convinse il Capostazione e mise in moto il Ministero dei Trasporti, fin che ottenne due grandi magazzini sottostanti ai binari della ferrovia. In uno di questi saloni senza finestre adattò cucina e tavoli da pranzo; nellaltro mise una fila di divani usati su tre lati e un altare sullo sfondo; allentrata sistemò docce, servizi igienici, una lavatrice industriale, magazzino di vestiti e medicine. Il giorno di capodanno del 79 invitò il Vescovo ausiliare Mons. Tresoldi per la S. Messa e per linaugurazione di unopera che tanti continuavano a giudicare una pazzia. In breve il "Rifugio di via Sammartini" divenne il punto dincontro e di soccorso per tutti gli sbandati della città. A centinaia ogni giorno accedevano alla mensa per i tre pasti: chi aveva bisogno sostitutiva scarpe e vestiti o si faceva medicare; altri avevano problemi più pesanti: pratiche giudiziarie e posto di lavoro o biglietto di ritorno in Marocco o in Siria. In mezzo a questi ospiti cominciarono a mischiarsi i visitatori: autorità, giornalisti, curiosi, persone disposte a dare un aiuto immediato. Tutti si imbattevano nellaltra faccia dellumanità: uno spettacolo imprevisto e scioccante, un concentrato di situazioni umane drammatiche o penose, da far venire i brividi. Ma non in tutti prevalse la paura. Non tutti si accontentarono di unemozione, di un articolo sul giornale, di far pervenire la cesta di pane o un pacco di indumenti usati. Qualcuno fu colpito da quel Frate che faceva sul serio, che lavorava giorno e notte in unattività convulsa. Non poteva far tutto da solo, bisognava dargli una mano in modo continuativo. Ed ecco i primi collaboratori volontari. Allinizio per un periodo di esperienza, poi chi resisteva stabilmente. Ecco Vittorio, Pino, Luigino e Nicola, Sabatino e Isabella e Ornella, ecc.. Giovani e meno giovani, per lo più già sistemati in posto di lavoro o persino con unattività professionale affermata. ( ) Non contento di ciò fr. Ettore trova forze ed entusiasmo per accorrere con i suoi volontari dove succedono disastri o calamità (un mese a Pescopagano, in Irpinia, durante il terremoto dell80); ma anche per ricevere il Card. Martini, Madre Teresa di Calcutta o lAbbé Pierre, o di far visita al Papa, a Roma o nei suoi viaggi apostolici in alta Italia. A tali personaggi illustri non chiede contributi; se mai li dà, giustificandoli come "laiuto dei poveri ai più poveri". I benefattori non mancano: dagli offerenti ignoti a quelli ufficiali, come il Rotary Club o la colletta di Superflash a Canale 5. Ma i soldi passano nelle sue tasche senza che faccia a tempo a contarli: con una mano li riceve e con laltra li distribuisce. Anche al di fuori delle sue cinque famiglie numerose. I benpensanti non evitano di osservare che lopera dei Rifugi non risolve i problemi alla radice: i problemi della disoccupazione, della disgregazione familiare, dellalcool e della droga, della immigrazione interna ed estera, della malavita: "Ci vuole ben altro per sanare queste piaghe, occorre lintervento dei pubblici poteri, bisogna creare infrastrutture e riforme generali della società !" Ma Ettore e compagni mentre lasciano che le autorità civiche studino progetti per soluzioni radicali di là da venire guardano ai bisogni immediati delluomo, del povero che non può attendere, dellemarginato tentato dalla disperazione. E si accontentano di "dar da mangiare agli affamati, vestire gli ignudi, ospitare i senza tetto e curare i malati". Con la loro carità. E guarda caso con la fede in Dio e la preghiera. E il loro modo di predicare al mondo doggi il Vangelo del buon Samaritano "A partire dagli ultimi", appunto, vivendo con loro e per loro. Giannino Martignoni Camilliano Fratel Ettore Fonte: http://www.fratelettore.it/fratel_ettore.htm Galleria fotografica all'indirizzo: http://www.fratelettore.it/gallery_2.htm